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venerdì 18 febbraio 2011

Egitto: la protesta passa attraverso i social network


Un tweet per abbattere il regime. È questo il titolo che vorremmo dare a un “film” cui abbiamo assistito a partire dal gennaio scorso in Egitto. Un film non perché “fiction”,  ma perché quello che è accaduto grazie a Internet nel paese magrebino, fino a poco tempo fa, sembrava assurdo e impensabile: un popolo in rivolta che usa come strumento per comunicare la propria rabbia, ma soprattutto per  radunare le proprie forze, il web, o meglio i social network, diventati i protagonisti delle cronache degli  ultimi tempi.

 I blog e i social network hanno veicolato le istanze della protesta, ma soprattutto le informazioni al di fuori dei confini nazionali, e agito da punto di riferimento per i movimenti della rivolta e per l’organizzazione della protesta:  ottantacinque mila le persone che si sono unite  alla pagina Facebook dedicata al Revolution Day,  ossia il 25 gennaio, il giorno previsto per la protesta degli egiziani.

Ma sul fermento popolare,  puntuale è arrivata la scure della censura del regime che si è abbattuta soprattutto su quel mezzo, Internet, che fa della libertà di espressione il proprio baluardo e presupposto fondamentale. Il 26 gennaio sia Facebook che Twitter sono stati resi inaccessibili in tutto l’Egitto. E non solo. Non sono stati solo “oscurati” siti presenti nella black list del governo, ma è stata anche ridotta la larghezza di banda per la connessione, creando serie difficoltà a chi voleva navigare sul web, ma anche comunicare coi cellulari.

Ma il giorno dopo, la creatività e l’abilità di alcuni esperti cybernauti  hanno consentito di oltrepassare i filtri, anzi, il blocco voluto a livello governativo,  ricorrendo a service-provider stranieri.  Tra il 31 gennaio e il primo febbraio, addirittura, per tentare di bypassare i numerosi disturbi alla rete fissa, “suggeriti” dal governo,  Google e Twitter hanno offerto un servizio particolare ai loro utenti egiziani, mettendo a loro disposizione un numero cui chiamare per lasciare messaggi in voce e così trasformarli in tweet e farli circolare in Rete.

Ed è stato grazie a questo sistema e alla caparbietà di chi voleva sfuggire a ogni  controllo che sono giunte al resto del mondo le notizie su quello che stava accadendo e i successivi aggiornamenti. E i tweet (o comunque i messaggi veicolati anche grazie ad altri social network) di chi partecipava o era coinvolto in quel movimento popolare sono stati “rimbalzati” a noi.  Anche chi era all’estero e osservava da spettatore ha compreso l’enorme portata di tale fenomeno. Pensate che uno studente dell’Università della California, John Scott Railton, ha deciso di raccogliere tutti i tweet della protesta, creando l’account #Jan25, con riferimento al giorno in cui essa è iniziata,  che ci ha consentito e ci consente di leggere e dunque sapere le news e gli aggiornamenti dalla viva voce di chi sta vivendo quest’esperienza.

Condividere è dunque il passpartout per scardinare e scavalcare il muro creato da chi non vuole che le informazioni circolino o che le usa, opportunamente filtrate, per perpetuare un potere non più giustificato dalla sovranità e dal consenso popolare.

Quello che ha destato stupore è l’osservazione che la protesta non ha avuto un leader singolo, ma si è diffusa in maniera pandemica tra la gente, creando spontanee aggregazioni di persone e tanti leader di gruppi attivi sul web che hanno fatto da replicatori della protesta, come delle vere e proprie eco infinite.

Lo sviluppo immediato e virale del MEME della protesta ha sorpreso tutti e da tutti è stato replicato in avanti propagandosi ancora e diffondendosi a tappeto nelle menti e nelle coscienze di un popolo esasperato da tanti anni di angosce e privazioni. Il replicarsi incontrollabile del passaparola e l’eco mediatica che ha prodotto hanno avuto la meglio sulle soverchianti forze militari e di polizia del regime.
 
Non le armi o la violenza, ma un messaggio, una testimonianza, la parola, insomma, per muovere e incoraggiare un popolo: la potenza di Internet, quale strabiliante veicolo di  nuovo meme.

Gian Marco Boccanera e Claudia Nuzzarello.  

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