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giovedì 27 gennaio 2011

MONETA, MONNEZZA, MODELLO, MONITO

Moneta, Monnezza, Modello, Mònito. Qual è il filo logico che unisce questi termini?

Spiegarvelo sarà la prima tappa del nostro Viaggio, un percorso, così come descritto nel post di apertura del blog, all'interno delle idee e dei memi strategici per affrontare le crisi, con un occhio di riguardo alle persone e meno alle cose. 

Cominciamo dalla MONETA. Quella che non c’è. Specie nelle casse dello Stato italiano, strangolato da un debito pubblico, che, secondo dati della Bankitalia, a ottobre 2010 ha raggiunto un nuovo record (1.867,398 miliardi di euro, contro gli 1.844 miliardi del mese di settembre), e da una crisi devastante che non accenna a diminuire. Lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (ieri mercoledì 26 gennaio) ha lanciato un appello in questo senso:  occorre “forzare la crescita, perché ormai non possiamo nasconderci il fatto che la ripresa è meno sostenuta che in altri Paesi”. Secondo le previsioni, ricordate dal Capo dello Stato, alla fine del 2012 il Pil avrà recuperato circa la metà della perdita di sette punti subita nel corso della recessione. Insomma la Crisi non è finita, ma anzi continuerà a spiegare effetti nei prossimi anni (secondo noi con un ottica di ulteriore sviluppo nei prossimi 5-10 anni). Speriamo che gli Stati e i Governi resistano alla tentazione di “battere altra moneta” , e che invece “battano altre strade”, magari più impopolari, ma forse più giuste e più idonee per raddrizzare il corso degli eventi. 


E noi che facciamo? Continuiamo a produrre MONNEZZA. Ossia a consumare. Comprare, godendone istantaneamente, per poi buttare: del resto nel linguaggio del marketing noi siamo “consumatori”. Ci piacerebbe usare magari un altro termine, più appropriato, per distinguerci, forse meglio “utilizzatori” o “fruitori”. Il termine CONSUMATORI mette l’accento su un aspetto che sta diventando sempre più un DISVALORE COLLETTIVO: quello del CONSUMO, appunto. Consumo di energia, consumo di suolo, consumo di elementi naturali, consumo di fattori produttivi, consumo di ambiente, consumo di vite lavorate...

L’appello sinora riecheggiato era che bisognava comprare (e consumare) affinché qualcuno potesse produrre, e a sua volta consumare fattori produttivi. Il segno tracciato dai maggiori esponenti della nostra classe dirigente è: “che aumenti la produttività !!” . A nostro sommesso parere, non può essere questa la via maestra ed esclusiva per uscire dalla Crisi.  In un’epoca dove gli accadimenti economici hanno messo in discussione anche il capitalismo stesso (o meglio la declinazione di esso rappresentata dal Turbocapitalismo) la produttività non può essere la chiave.  Perché la serratura non sono PIU’ i CONSUMI. 

Semmai secondo noi la soluzione è la ricerca di elementi satisfattivi profondi che sono siti altrove rispetto al CONSUMARE. Tra questi, quello che più ci appare adatto è il  SAPERE.  Il PENSARE deve riguadagnare posizioni perdute sul PRODURRE.  Perché attraverso il pensiero creativo e innovativo  si può creare nuovo sviluppo, semplicemente MIGLIORANDO quello che già c’è e RISCOPRENDO alternative al P.I.L. Come? Innovando con Creatività e Compartecipazione. 

Ed ecco che allora che non conviene più rinviare la soluzione ai problemi, abitudine invalsa per decenni , e non solo in Italia. Le giovani generazioni, ma anche le meno giovani sono stufe di cibarsi di presentazioni di stili di vita, di modi di essere, di apparire e di comunicare che appaiono come MODELLO alla moda, a cui i più debbano conformarsi per un non ben compreso motivo di identità tribale. Molti si stanno veramente interrogando se tale MODELLO rappresenti un valore sociale o  ne sia – al contrario- un perfetto DISVALORE COLLETTIVO. I giovani stanno pagando un prezzo altissimo dinanzi all’altare della consacrazione di MODELLI SBAGLIATI, incensati come maggiormente diffusi, e propagati da Testimonial che stanno diventando sempre più improbabili nell’orientamento della coscienza collettiva.

E ad essere protagonisti delle rivolte di recente scoppiate ad Oriente, nei paesi del Maghreb ma con possibili ulteriori ripercussioni, sono soprattutto i giovani,  che pagano il prezzo sociale più alto. Disoccupazione crescente, ingiustizia sociale e precarietà continuata sono termini ormai entrati nella loro vita, come pietre miliari dell’esistenza, con cui fanno i conti ogni giorno. Ma a disorientarli è anche la mancanza di un MODELLO vero, anzi di modelli: di virtù e di valori in cui un popolo possa riconoscersi e tramandare. Di certo questi valori, in Italia,  non sono rappresentati dalla politica,  che da tempo ha abdicato al suo ruolo di GUIDA della società (ma ne è sempre più specchio in senso spregiativo, limitandosi ad assomigliarle bovinamente). I punti di riferimento, i modelli appunto,  spesso sono quelli veicolati da una televisione sempre più votata al futile, al chiacchiericcio, ai reality, dove la notorietà che arriva all’improvviso nella vita di uno sconosciuto/a sembra la svolta della vita e appare uno sbagliato “coronamento di un sogno” ai più, rispetto ad anni di costante applicazione e sacrifici spesi per lo studio e per un degno lavoro che ne rappresenti la naturale evoluzione. 

Il tronista o il concorrente del Grande Fratello, la velina o la giovane e procace frequentatrice di feste e salotti mondani (non diremo oltre …) dunque: questi i modelli delle nuove generazioni? 

Dinanzi al proliferare di Modelli fuorvianti, le massime Istituzioni del Paese hanno fatto levare a gran voce un MONITO: cambiare modo di fare, di comportarsi  e di ragionare, perché altrimenti si rischia la disgregazione del Paese. Anche la nostra massima autorità religiosa, il Papa, ha fatto appelli in tal senso, associando il Monito Religioso al Monito Laico. 

Il MONITO quindi ha il sapore del rimprovero e la finalità di far desistere dal continuare su una strada ritenuta non più praticabile. Anche il mondo produttivo si allinea al MONITO. Il Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha di recente dichiarato: “l'Italia ha bisogno di essere governata e di fare delle scelte. Tutto il paese ha bisogno di ritrovarsi e di agire, per uscire dalla crisi”. 

D’altro canto un Paese senza un MODELLO di sviluppo sostenibile per le Giovani Generazioni, un Paese che si arrocca a non ascoltare il MONITO, che viene elevato a gran voce da autorevoli esponenti della vita civile e religiosa, un Paese che osserva la preoccupante scarsezza di MONETA e liquidità, soprattutto tra le famiglie, diverrà – senza apprezzabili discontinuità – un Paese in preda alla totale MONNEZZA , fisica e spirituale.  

Gian Marco Boccanera e Claudia Nuzzarello. 

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